Caccia al patrimonio disperso della famiglia Martelli

La cappella Martelli nella Chiesa dei Santi Michele e Gaetano

Navata
Pala altare di Matteo Roselli
frontone in bianco di Carrara
ritratti prelati
ritratti prelati

Situata nel cuore del centro storico, in piazza degli Antinori, la Chiesa dei Santi Michele e Gaetano rappresenta nella città uno dei maggiori esempi dello sviluppo della corrente barocca fiorentina, che qui si esprime attraverso l’arte sacra, con opere di natura scultorea e pittorica attribuite a noti artisti del periodo, esecutori di un più grande progetto a cura dell’aristocrazia cittadina.

Alla fine del Cinquecento la chiesa passa ai padri Teatini, che la intitolano al loro fondatore, San Gaetano di Thiene1.

Nel corso del Seicento, per iniziativa del Granduca, ha inizio un cantiere di ricostruzione della Chiesa. La struttura architettonica barocca si sviluppa su di una più antica chiesa di età altomedievale, già intitolata a San Michele Bertelde. Il cantiere per il rifacimento della Chiesa durò circa un secolo, ebbe inizio nel 1604 e si concluse intorno al 17012.

Il progetto è attribuito a Matteo Nigetti, che interviene intorno al 1624, tenendo in parte presente le idee iniziali (1597-1604) di padre Anselmo Cangiano e di padre Andrea Castaldo, entrambi teatini, e quelle di don Giovanni de' Medici e del Buontalenti. Sostenitori della fabbrica furono Cristina di Lorena, il cardinal Carlo de' Medici, i Bonsi e gli Antinori3.

La Chiesa, costituita da un’ampia navata voltata a botte e scandita da archi trasversali, ospita cappelle laterali, tre per ogni lato, riccamente decorate con stucchi, marmi policromi, altorilievi e statue. Chiuse da balaustre marmoree voltate a vela, le cappelle presentano lateralmente cornici in pietra, sormontate da frontoni con cartiglio centrale. La cappella Martelli è la prima ad essere concessa in patronato nel 1634 su commissione di Francesco di Alessandro Martelli (1590 – 1640)4. Nel progetto per la decorazione figurano i nomi degli artisti Alessandro Malavisti, Gherardo Silvani e Sigismondo Coccapani, già noti a Firenze per le opere prodotte nel corso del Seicento5.

Collocata in prossimità del braccio meridionale del transetto, la cappella Martelli è identificabile già osservando l’arco di accesso, al cui culmine è visibile il grande stemma familiare con il “grifone rampante” attorniato da una ghirlanda di fiori, entrambi gli elementi scolpiti in pietra fiorentina6. All’interno l’affresco della volta, raffigurante l’Immacolata e l’Eterno fra angeli è attribuito al Coccapani, e la lunetta centrale con le Virtù francescane di Obbedienza e Povertà, per la straordinaria resa della luce, sembra costituire un preludio a ciò che l’osservatore scorge poco dopo. All’interno della cappella, spicca la pala d’altare di Matteo Rosselli (1578 – 1650), datata al 1640, raffigurante i santi Andrea d’Avellino e Gaetano da Thiene in adorazione, la Trinità e la Vergine, San Giovanni Battista e San Michele Arcangelo. Il miscuglio di luci e colori dell’opera è elemento chiave nella sperimentazione e nell’esperienza del barocco fiorentino: nella fascia superiore del dipinto, da sinistra, sono raffigurati la Vergine, Cristo, Dio Padre e San Michele Arcangelo. Poco più in basso vi è San Francesco, genuflesso e a mani giunte. Le figure sono attorniate dal bagliore di una luce che illumina i corpi. Predominanti i colori caldi nella scelta dell’artista. Di contro, nella fascia inferiore, prevalgono tonalità cromatiche fredde; agli scuri abiti degli adoranti San Gaetano da Thiene eSant’Andrea d’Avellino, ai quali è dedicato l’altare, si sovrappongono i chiari corpi degli angeli. La pala d’altare è racchiusa entro una cornice marmorea policroma, attorniata da colonne in portoro, e culmina con un frontone in bianco carrara, al cui centro è il busto di San Francesco, opera del Malavisti7. Sulle pareti laterali della cappella Martelli si trovano i due monumenti funerari del cardinale Francesco Martelli e dell’arcivescovo Giuseppe Maria Martelli8. I ritratti dei prelati, racchiusi all’interno di cornici ovali, sono realizzati con piccole tessere di mosaico. Le cornici sono sorrette da coppie di angeli piangenti, scolpiti in marmo bianco9.

I Martelli, committenti della cappella, furono noti in città non soltanto per il ruolo religioso che essi ricoprirono ma anche per la spiccata sensibilità culturale, che li rese mecenati di artisti e committenti di opere di ogni genere. In particolare, nell’ampio panorama del mecenatismo culturale fiorentino, a cavallo fra Sei e Settecento, fu Giuseppe Maria Martelli (1678-1741) a distinguersi tra i membri della sua famiglia. Dapprima fu priore della Basilica di San Lorenzo di Firenze ed esaminatore sinodale per le due diocesi fiorentina e fiesolana. Fu arcivescovo di Firenze a partire dal 1722 e sino al 1740. Si dedicò agli studi letterari, diventando arciconsole dell’Accademia della Crusca, scrivendo numerose opere d’oratoria e componimenti poetici10.

La sua sensibilità artistica lo spinse ad occuparsi di collezionismo. In seguito si dedicò al progetto di decorazione degli ambienti della dimora di famiglia, affidando il compito a Benedetto Fortini11. Furono la notorietà acquisita nella città e il ruolo socio-religioso ricoperto a spingere Giuseppe Maria Martelli verso imprese artistiche di rilievo. Negli anni Trenta del Settecento si dedicò interamente al rifacimento del Palazzo Vescovile di Firenze: fece realizzare un salone affrescato da Vincenzo Meucci, e uno scalone nella corte interna; si occupò anche del rifacimento del convento e chiesa di San Salvatore al Vescovo, su progetto di Bernardino Ciurini, con impianto decorativo a cura del Meucci e della bottega dei Fortini.

Cristiana Danieli

Bibliografia
1 E. Chini, La Chiesa e il Convento dei Santi Michele e Gaetano a Firenze, Italia, Giunti Barbèra, 1984, pp. 129-132.
2 A. V. Desideri, Archeologia dell’architettura a Firenze, in Firenze: città e territorio, Atti del Workshop, Firenze, 12-13 aprile 2013, Regno Unito, Archaeopress Publishing Limited, 2015, p. 359.
3 G. Piccirillo, La Chiesa dei santi Michele e Gaetano, Italia, Becocci, 2006.
4 La data è visibile nella iscrizione sotto la mensa dell’altare, ad oggi poco visibile in quanto fortemente provata dal tempo: D.O.M. / DEIPARAE VIRG. ET D. FRANC. HOC SACELLUM / IMPAR SUAE VOLVNTATIS OBSEQVIVM / AVITAE PIETATIS INSIGNE / FRANC. MARTELLIVS ALESANDRI FIL. A MDCXXXIV.
5 E. Chini, p. 130.
6 Figura 1.
7 E. Chini, 1984, p. 131.
8 Figg. 4-5. Il cardinale Francesco Martelli (1633-1717) nunzio pontificio in Polonia nel 1675 e nello stesso anno vescovo di Corinto e assistente al soglio pontificio. Pastor arcade (1691). Patriarca di Gerusalemme (1698), cardinale nel 1706. Francesco fu figlio del senatore Marco Martelli. Quest’ultimo si era distinto per le doti finanziarie, prendendo parte ad attività commerciali, cooperando con i Corsini e i Tempi e successivamente, fondando la compagnia mercantile “Acciaioli-Martelli”. Ancor prima del figlio si interessò all’arte. L’esordio di Marco Martelli in quest’ambito si ebbe proprio con il completamento della cappella Martelli in San Gaetano a partire dal 1658. La finalità era quella di collocare nella chiesa le sepolture familiari che prima di allora erano state accolte in San Lorenzo. Fu il senatore Marco inoltre a dare avvio ai lavori di rifacimento del palazzo familiare in via della Forca. In A. Civai, Dipinti e sculture in casa Martelli. Storia di una collezione patrizia fiorentina dal Quattrocento all’Ottocento, Opus Libri, Firenze, 1990, pp. 51-55.
9 L’opera scultorea suddetta, autografa, fu realizzata da Franz Janssens negli ultimi decenni del Settecento. Si rimanda a S. B. Bartolozzi, Vita di Jacopo Vignali pittor fiorentino, Firenze 1753, p. XVIII.
10 A. Civai, Dipinti e sculture in casa Martelli. Storia di una collezione patrizia fiorentina dal Quattrocento all’Ottocento, Opus Libri, Firenze, 1990, pp. 80-82. Tra le opere letterarie del Martelli si rimanda a “Componimenti dell’Arcivescovo Giuseppe Maria Martelli, 1700-1741 ca., ms.
11 C. Benassai, Origine e storia della famiglia Martelli, ms. 1815-1824, in ASF, Carte Martelli, busta 1, fasc. 34, pp. 320-350.